“Impatti negativi” sui più giovani, PUBG temporaneamente vietato in Afghanistan

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PUBG bannato in Afghanistan, almeno temporaneamente. E’ questa la decisione presa e comunicata dall’Afghanistan Telecom Regulatory Authority (ATRA), che ha affermato di aver portato avanti una “valutazione completa” del famoso gioco.

Stando a quanto riportato dall’ATRA, si sarebbero svolte una serie di riunioni con diversi ministeri, come ad esempio quelli che fanno capo agli affari religiosi, l’istruzione, la sanità pubblica, la comunicazione e la scienza. Inoltre, prima di completare il report, l’ATRA rivela di aver ascoltato anche il parere di psicologi, genitori e presidi, oltre che degli stessi giocatori di PUBG.

“Abbiamo preso la decisione di bloccare temporaneamente questo gioco, tenendo conto delle prospettive sociali e di sicurezza”, afferma il presidente ad interim dell’ATRA, Omar Mansoor Ansari. “Continueremo le indagini e le consultazioni per trovare una soluzione definitiva”.

Il consiglio di amministrazione di ATRA ha incaricato l’autorità di regolamentazione di sviluppare una “politica e una procedura speciali” per regolamentare il “mercato dell’industria dei giochi”, tra cui il divieto temporaneo di PUBG. Ma l’azione di ATRA potrebbe non fermarsi qui, dato che il consiglio ha anche chiesto di identificare tutti i giochi che potrebbero avere “impatti negativi” sui più giovani. Il consiglio di amministrazione di ATRA ritiene che vadano incentivati i giochi “conformi alla cultura afgana, nonché ai valori religiosi”.

Il divieto dovrebbe riguardare PUBG Mobile e PUBG Mobile Lite, anche se nel comunicato non vengono citati. Il celebre gioco esports è già vietato in altri Paesi, ovvero Nepal, Iraq, Giordania, Pakistan e India. In Giordania il gioco avrebbe scatenato “effetti negativi” sui giocatori, mentre l’Iraq lo ha definito “dannoso per la società”, oltre ad una “potenziale minaccia alla sicurezza nazionale”. Stesso discorso in India, dove PUBG è stato accusato di “rubare i dati degli utenti”. In Pakistan è intervenuta l’Alta Corte di Islamabad per revocare il divieto.

 


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