Shadows of the Damned: Hella Remastered, un viaggio infernale tra nostalgia e comicità scurrile

Gli anni passano e i videogiochi maturano. Ormai siamo giunti a un punto in cui il nostro caro medium ha davvero raggiunto l’età adulta (e anche da un po’). Le storie che raccontiamo non sono più solo fughe da draghi o alieni: ora affrontiamo le vere questioni della vita, quelle che parlano agli adulti. Ma c’è un piccolo e sporco angolo della nostra cultura videoludica che non ha mai rinunciato alla sua anima ribelle, adolescenziale e… diciamolo, anche un po’ scurrile. Ed è proprio lì che torna a farsi sentire Shadows of the Damned: Hella Remastered.

Da una parte, abbiamo un titolo che, in un’epoca ormai satura di produzioni narrative complesse e da centinaia di ore, si affaccia con orgoglio con il suo umorismo da scuola media, carico di doppi sensi e battutine da cabaret di terza categoria. Dall’altra, è quel tipo di gioco che ci riporta ai gloriosi giorni della nostra giovinezza, quando bastava una PlayStation, il pavimento della stanza di un cugino, e un controller che sembrava un aggeggio incredibile.

Un’epopea infernalmente divertente

Se c’è un tema dominante in Shadows of the Damned, è il coraggio di essere sfacciato. Qui Garcia Hotspur, l’improbabile protagonista, ci accompagna in un viaggio che è allo stesso tempo un incubo infernale e una parodia del nostro mondo. Garcia è un demon hunter dal look discutibile (giacca viola senza niente sotto), e il suo scopo è uno solo: recuperare la fidanzata Paula, rapita dal demone supremo Fleming e tenuta prigioniera nel cuore dell’inferno. Per Garcia, però, non basta una semplice vendetta: il suo approccio alla “battaglia infernale” è condito da armi dai nomi assurdi e battutine degne del peggior cabaret. Dalla mitragliatriceDentist”, che fa un lavoro non proprio pulito su ogni cosa che si muova, fino al “Boner” (che possiamo tradurre gentilmente con la parola italiana “durello”) una pistola che spara ossa e, se l’intento era piazzare il più alto numero di battute a tema anatomico in un singolo gioco, la missione è stata certamente superata.

Forse uno dei punti forti di Shadows of the Damned, e sembra strano da dire, è quanto sia breve e intenso. In un’epoca in cui sembra necessario passare dalle 40 alle 100 ore su un gioco per “goderlo davvero,” qui si respira quasi la vecchia scuola: dieci ore di gameplay ben calibrate, in cui l’esperienza si sviluppa e si chiude senza troppi fronzoli. Ogni arma è una piccola gioia tattica e, pur essendo solo tre, ti obbligano a variare strategia e approccio. Non si tratta di accumulare alberi di abilità interminabili o di cercare ogni angolo per collezionare inutili gadget: qui si spara e si uccide demoni, in un viaggio dall’inizio alla fine, tutto d’un fiato.

Hell in Hella Remastered non è certo un luogo pacifico. L’inferno si presenta come una sinfonia di orrore visivo, fatta di paesaggi sanguinanti, in cui Garcia si muove come un turista un po’ impertinente. Gli ambienti, dopo un po’ di restyling grafico, sembrano quasi eleganti, decorati con demoniche visioni e urla lancinanti che fanno da sottofondo. Seppur con qualche limite visivo (Garcia non ha certo la mobilità o l’espressività di un attore hollywoodiano), il fascino resta. È uno spasso malsano per i sensi e, in un certo modo, si adatta all’umorismo rozzo e sfrontato che pervade l’intero titolo.

E la trama? Beh, dire che è semplice è riduttivo. Il nostro Garcia, con il suo fidato compagno demoniaco Johnson (sì, anche lui incline a continui doppi sensi), si lancia in un’odissea infernale per riprendersi Paula, che appare e scompare in abiti sempre più ridotti, generando un mix di sconcerto e sospiri. Ma in fondo, che importa? Con Garcia, il divertimento è tutto nel farsi strada a colpi di Boner e proiettili. A tratti, Shadows of the Damned si permette anche qualche piccola variazione stilistica: passaggi a piattaforma in 3D, livelli side-scroller e altri diversivi che, seppur non particolarmente impegnativi, danno ritmo al gioco. Senza contare i combattimenti contro boss, che raggiungono il loro culmine quando Garcia sblocca la potenza delle sue armi più devastanti, trasformando ogni scontro in un’epica di sangue e proiettili.

In tutta questa giungla di testosterone e armi, c’è però una piccola osservazione da fare: Shadows of the Damned è praticamente un tributo alla mascolinità estrema. Paula non è un vero personaggio; è più un’immagine, una presenza che appare ogni tanto per mantenere viva la motivazione di Garcia. E lui, con il suo Boner e la sua determinazione da duro, si fa strada nell’inferno come un moderno Ken con tatuaggi. Gli altri “uomini” che incontra sono ridotti a corpi morti, marcescenti e privi di virilità: l’opposto di Garcia. In qualche strano modo, questo gioco riesce a fare un giro completo di stereotipi, diventando talmente eccessivo e parodico da sembrare quasi autoironico.

Alla fine, Shadows of the Damned: Hella Remastered ci fa un regalo raro: è una capsula del tempo, un portale verso un’era in cui i giochi potevano essere sciocchi, volgari, brevi, ma incredibilmente divertenti. Non è un’esperienza perfetta, anzi, ha i suoi difetti e molte delle sue battute non vi faranno cadere dalla sedia dalle risate ma, tra un colpo di Boner e una scena di Paula in pericolo, il divertimento non manca. Se siete nostalgici dei giorni in cui i giochi non avevano bisogno di giustificarsi con sceneggiature raffinate e sistemazioni di genere e politica, Shadows of the Damned è il gioco che fa per voi.


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