Red Dead Redemption 1, la ruggine del West torna in un porting in alta definizione: la recensione

Immaginate di rivivere un classico del selvaggio West a una fluidità da capogiro, come se quel mondo impolverato del 2010 fosse improvvisamente rinato. Con Rockstar che sfoggia un Red Dead Redemption in 120 fps e 4K HDR, il vecchio John Marston è pronto a cavalcare verso una nuova era grafica e una più vasta gamma di dispositivi. Ma… è tutto oro ciò che luccica o rischiamo di cavalcare verso un déjà-vu di quegli scivoloni alla GTA Trilogy Definitive Edition?

Un nuovo West per un vecchio cowboy

Red Dead Redemption, come ben sanno i veterani, è l’eredità digitale di un’epoca passata, un titolo che ha rappresentato, e rappresenta tuttora, la forza narrativa e stilistica di Rockstar. Ripreso oggi, 13 anni dopo, sembra quasi strano: un classico che ci è familiare, ma allo stesso tempo pericolosamente migliorato, come se un artista avesse restaurato un quadro storico aggiungendo qualche dettaglio moderno di troppo.

Il ritorno di John Marston è in una veste che più di ogni altra cosa punta alla qualità visiva: tutto è stato tirato a lucido per stupire. L’hardware moderno sfoggia in questo caso una fluidità impressionante e dettagli superbi che il nostro ex-fuorilegge mai si sarebbe aspettato di avere nei suoi sogni più sfrenati. Se avete già giocato il titolo sulla “vecchia” console Xbox 360, riconoscerete ogni cosa, ma la nitidezza del 4K vi darà l’impressione di stare rivivendo tutto per la prima volta.

C’è un mondo di differenza tra il primo Red Dead Redemption e il suo prequel, Red Dead Redemption 2, ed è qualcosa che si avverte non solo nel gameplay, ma anche nella narrativa e nell’approccio. Dove RDR2 scava in una complessità e in una morale più intima e profonda, RDR1 conserva quella vena quasi ironica, tipica del Rockstar degli anni 2010: sì, c’è la profondità emotiva di Marston, ma ci sono anche personaggi come Seth e Harold MacDougal che, diciamolo, sembrano usciti da una parodia alla GTA. RDR1 non ha il peso morale del suo successore: è il racconto di un uomo solo in cerca di redenzione. Invece di prediche e riflessioni, ci sono scazzottate e sparatorie, ma questo è, in fondo, uno dei suoi punti di forza. È un West che sfida le convenzioni e la narrativa stessa dei giochi di Rockstar, e che ancora oggi tiene alta la bandiera del western digitale.

Prestazioni da urlo e ottimizzazione perfetta

Il gameplay scivola come il vento sulla prateria: a 120 fps sembra di cavalcare davvero a dorso del nostro cavallo senza mai nessun minimo rallentamento. Questo, unito al trattamento visivo di HDR e DLSS, rende l’esperienza fluida su una vasta gamma di dispositivi. Su PC, e persino su Steam Deck, il gioco non perde un colpo.

È anche vero che Rockstar ha imparato dai suoi errori: non c’è traccia di quelle scelte di “modernizzazione” invasive che avevano afflitto la Trilogy di GTA. Qui è stato scelto un “tocco leggero”, come a dire, “non aggiustare quello che già funziona”. E funziona. I caricamenti sono rapidi, l’input reattivo, e i dettagli ambientali ora risaltano come mai prima d’ora. L’atmosfera è rimasta intatta: le lande polverose, i tramonti mozzafiato e quel profumo di vecchio West digitale sono più forti che mai.

Ma vale la pena tornare nel vecchio West? Domanda da un milione di dollari… digitali. Red Dead Redemption è, nella sua nuova veste, un pezzo da museo riportato a nuova vita. Per i fan di vecchia data è l’occasione per rivivere l’epopea di Marston, mentre per i nuovi arrivati, è il modo perfetto per farsi un’idea di cosa fosse quel West che ha segnato Rockstar.


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