Commandos: Origins è uno di quei giochi che si sono attesi da così tanto tempo da aver rischiato di essere dimenticati nel frattempo. Per chi, come me, ha passato l’adolescenza con la mano destra sul mouse e la sinistra sul tasto F5 del quick-save, questa nuova incarnazione di questa storica serie è un’ode all’attesa ricompensata.
Dopo anni in cui i nostri amati berretti verdi erano rimasti sepolti sotto tonnellate di sparatutto in prima persona e open world vari ed eventuali, eccoli risorgere. Non per correre: per strisciare. Piano, in silenzio, col coltello tra i denti e un piano maledettamente complicato in testa. Origins è, nel bene e nel (pochissimo) male, il ritorno di un’idea di gioco che sembrava estinta: quella che ti fa stare fermo dieci minuti a guardare un angolo di mappa prima di fare un passo.
La struttura è quella classica: isometria, squadre piccole, nemici tantissimi. Sei commandos, ognuno con abilità specifiche e carattere ben definito (anche se parlano poco e muoiono spesso). Le missioni, ambientate tra Europa e Nord Africa, sono piccoli mondi in miniatura: mappe dense, dettagliatissime, ma con lo stesso fascino dei vecchi Commandos. Il cuore del gameplay è il “Command Mode” e in questa modalità si potrà congelare il tempo per assegnare gli ordini ai vari commandos e poi scatenare un vero e proprio inferno. È come coreografare un balletto di lame, trappole e spari coordinati, dove ogni passo falso può significare il fallimento totale… o almeno un veloce tasto F8 per caricare l’ultimo salvataggio.
Ma veniamo ai difetti, perché sì, ci sono. Alcuni bug fanno capolino come sentinelle naziste mal piazzate: soldati che vedono dove non dovrebbero, oggetti che spariscono, personaggi che camminano sull’acqua con la disinvoltura di chi ha letto troppe scritture sacre. Il salvataggio rapido è il vostro migliore amico, ma a volte può anche tradirvi, lasciandovi con un commando sospeso tra due piani di esistenza. Eppure, tutto questo in qualche modo non spezza la magia: la aggira.
Chi ha giocato i vecchi Commandos noterà l’assenza di alcune meccaniche, come la gestione dell’inventario o il raccogliere armi dai nemici. Una scelta discutibile per alcuni, ma che sposta il focus tutto sull’infiltrazione pura. Non più guerriglia improvvisata, ma chirurgia strategica. Ogni mappa è un puzzle, ogni nemico un pezzo da muovere o eliminare nel giusto ordine. Se si sbaglia, non è colpa del gioco. È colpa del giocatore. E in quel fallimento, c’è voglia di riprovarci.
Commandos: Origins è più di un revival, è un vero e proprio atto d’amore verso un genere di nicchia che ha insegnato a molti di noi il valore dell’analisi, della pazienza, dell’attesa. Con qualche patch in più, potrebbe diventare un piccolo capolavoro moderno. Così com’è, è già un ritorno in grande stile.
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