Andare a pesca col Game Boy: l’incredibile add-on della console Nintendo

Correva l’anno 1998. Il mondo videoludico giapponese, mai a corto di trovate geniali (o folli, a seconda del punto di vista), ci regalava un accessorio per il Game Boy che definire “inusuale” sarebbe un eufemismo: il Pocket Sonar, un piccolo miracolo tecnologico sviluppato da Bandai. Altro che Pokémon e Super Mario, stavolta il portatile di casa Nintendo si trasformava in un alleato per la pesca… quella vera!

Immaginate di essere sulle rive di un tranquillo laghetto giapponese, Game Boy alla mano. Ma questa volta non state salvando principesse o catturando mostri tascabili, ma avete appena agganciato al vostro Game Boy un dispositivo sonar (sì, come quelli che usano i pescatori professionisti) che calate in acqua per scoprire dove si nascondono i pesci. Questo è il Pocket Sonar, un aggeggio che sembra uscito direttamente dal kit di James Bond, ma che invece è una trovata geniale (o pura follia?) di Bandai.

Il Pocket Sonar si collegava al Game Boy tramite un cavo, mentre un piccolo trasduttore impermeabile, da immergere nell’acqua, rilevava cosa c’era sotto la superficie. Sullo schermo del Game Boy compariva un’interfaccia minimalista ma affascinante: un’eco grafica del fondale e dei pesci rilevati, permettendo di vedere a che profondità nuotavano i pesci e decidere dove calare la lenza. Un dettaglio da sottolineare: non era solo un giocattolo. Il sonar funzionava davvero e, all’epoca, poteva rappresentare un’alternativa economica ai costosi dispositivi dedicati ai pescatori. Certo, non aspettatevi la precisione di una tecnologia da barca professionale, ma per una giornata di pesca “casual” in compagnia del vostro Game Boy, si rivelò un inaspettato compagno d’avventure.

Negli anni ’90, l’industria del gaming giapponese era un fertile terreno di sperimentazione, con aziende che cercavano di spingere costantemente i propri limiti (soprattutto a livello di idee innovative). Nintendo, con la sua politica di licenze per hardware di terze parti, permetteva ai partner di sviluppare gadget stravaganti e Bandai, che all’epoca flirtava già con prodotti tech inusuali, si lanciò in quest’impresa un po’ azzardata. Il risultato? Un dispositivo unico, disponibile solo in Giappone, che oggi è diventato un pezzo da collezione. Tra il design bizzarro e la funzionalità, questo accessorio rappresenta perfettamente un’epoca in cui i limiti erano solo una questione di fantasia e la lotta tra gli sviluppatori e le grandi aziende di videogiochi si basava soprattutto sulla capacità di stupire il pubblico con invenzioni e innovazioni sempre più ricercate e stravaganti..

Il Game Boy Pocket Sonar non è solo un accessorio: è una testimonianza di quanto il gaming anni ’90 fosse disposto a sperimentare e Bandai è riuscita a trasformare una console portatile in uno strumento da pesca. Certo, non sappiamo quanti pescatori l’abbiano davvero usato, ma una cosa è certa: ad oggi è molto più raro e costoso di un normale sonar di uso comune (visto che i rarissimi pezzi ancora in vendita si trovano intorno ai 1.000 euro).


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