Shadows of Doubt, un interessantissimo detective simulator noir con qualche sbavatura

Shadows of Doubt“, sviluppato da ColePowered Games e pubblicato da Fireshine Games, si distingue come una delle esperienze più immersive dell’anno all’interno del panorama dei titoli indie che, negli ultimi anni, sta letteralmente rubando la scena ai titoli tripla A. Questo titolo investigativo fonde meccaniche procedurali con un’atmosfera noir cyberpunk, riuscendo a offrire un gioco che, pur con qualche difetto, riesce a conquistare i cuori degli amanti dei gialli e degli “immersive sim”.

Ambientato in una città voxelizzata e oscura, anche in pieno giorno, Shadows of Doubt ci mette nei panni di un investigatore privato in un mondo governato da corruzione e disillusione. Il protagonista è un detective senza troppe qualità, ma con un’incredibile tenacia, che si ritrova a risolvere crimini che la polizia locale preferisce ignorare. Il gioco offre la possibilità di generare città di dimensioni variabili, da piccoli blocchi a quartieri abitati da centinaia di persone, tutte con vite uniche, orari e abitudini quotidiane. Una delle caratteristiche più apprezzabili del gioco è il suo sistema di creazione procedurale, che genera sia la città che le missioni da affrontare. La missione principale è raccogliere indizi e collegarli tramite un’apposita lavagna investigativa, dove si potranno unire nomi, luoghi e oggetti con dei veri e propri fil rouge, proprio come un vero detective da film noir. Ogni edificio è esplorabile, spesso dotato di percorsi alternativi attraverso condotti d’aria e vie segrete che permettono di aggirare guardie e telecamere di sicurezza.

Quello che rende davvero unico e riconoscibile Shadows of Doubt è certamente la sua atmosfera. La città, perennemente coperta da una pioggia battente e illuminata da luci al neon, riesce a donare quella sensazione tanto familiare agli appassionati del genere noir. Anche il comparto sonoro fa la sua parte: il suono della pioggia che batte contro le finestre, gli altoparlanti che annunciano pubblicità nelle strade deserte e il rumore meccanico delle telecamere di sorveglianza contribuiscono a un’esperienza che sa quando essere intensa e quando lasciare spazio al silenzio.

Nonostante sia un gioco indie, Shadows of Doubt riesce a evocare quel senso di esplorazione e scoperta che ha reso celebri titoli come Dishonored o Deus Ex. La vera differenza con gli altri titoli è che in Shadows of Doubt, il sistema procedurale della creazione dei vari mondi riesce a donare quella sensazione di imprevedibilità che gli altri giochi “scriptati” non possono fare. L’altra faccia della medaglia è una certa ripetitività negli incarichi, che alla lunga potrebbe far storcere il naso ai più puntigliosi, ma il fascino dell’investigazione riesce a rimanere sempre intatto, offrendo momenti di autentico genio investigativo.

L’immersività regalata al giocatore è pressoché totale e si ha sempre la sensazione di essere un vero detective. L’esplorazione dei luoghi del crimine, la raccolta di indizi e la costruzione di ipotesi sulla lavagna investigativa sono parte integrante di un’esperienza che non può che soddisfare l’aspirante detective che c’è in ognuno di noi. Un esempio lampante della brillantezza del gioco è la possibilità di usare gli indizi in modo creativo. In un caso, per esempio, invece di perquisire decine di appartamenti alla ricerca di un ladro, si possono invece scansionare le cassette della posta nell’atrio di un condominio, trovando così l’impronta digitale del colpevole in molto meno tempo. Accanto a questi momenti di puro esperienza investigativa, il gioco ci impegna in una serie di missioni di “infiltrazione”. Ma, basta un rumore di troppo, come una tavola cigolante o l’accensione di un computer, per allertare le guardie e trasformare una missione di infiltrazione in una fuga rocambolesca. Le guardie non perdonano, e spesso ci si ritrova a dover saltare fuori da una finestra del settimo piano o a correre per le strade per evitare di essere catturato.

Nonostante l’ambizione e la creatività, Shadows of Doubt non è certamente privo di difetti. Le missioni procedurali, sebbene affascinanti, possono diventare ripetitive, soprattutto quando ci si imbatte più volte negli stessi oggetti o messaggi, come le lettere d’amore usate in diversi casi di infedeltà o i bigliettini minatori ritrovati in molteplici scene del crimine. Inoltre, l’interazione con i cittadini della città è limitata. Nonostante abbiano vite uniche, i personaggi sembrano piuttosto bidimensionali, con dialoghi ripetitivi e relazioni statiche. Sarebbe stato interessante vedere come i rapporti personali potessero influenzare le investigazioni, ma forse questo è un aspetto che potrà essere esplorato in un eventuale sequel. Dal punto di vista tecnico, il gioco può risultare pesante su macchine meno potenti, con esperienze di frame drop nelle città più grandi, anche se questi episodi non dovrebbero compromettere l’esperienza complessiva del gioco.


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