SQUINZIE, SFITINZIE E PANINARI, quando vestire griffato nella Milano bene significava un’altra cosa

Milano. Anni ’80. Un fenomeno culturale si fa spazio tra i giovani, ragazzi che verranno presto riconosciuti con un termine ben specifico: i “paninari“. Questo “movimento”, diffusosi poi rapidamente in tutta Italia, ha portato avanti un concetto di vita che ha abbracciati quasi tutti gli aspetti della vita (pubblica): dalla moda, alla musica, passando per uno stile di vita orientato al consumismo e alla superficialità. Ma forse non tutti sanno che che il fenomeno dei paninari si è conquistato un posto anche nel mondo dei videogiochi, con la pubblicazione di un titolo per il Commodore 64 nel 1986 che, di fatto, celebrava questa sottocultura: SQUINZIE, SFITINZIE E PANINARI.

I paninari erano giovani, principalmente adolescenti, che si distinguevano per l’ostentazione di capi firmati e l’adesione a uno stile di vita votato al consumismo (in maniera diversa da quella attuale). La moda paninara nasceva in un periodo storico in cui l’Italia attraversava una ripresa economica importante, e i giovani trovavano nei brand e nelle marche di abbigliamento una forma di identificazione sociale. Le Timberland, i Levi’s 501, i giubbotti Moncler e gli occhiali Ray-Ban erano solo alcuni dei simboli dello status economico e sociale che i paninari amavano esibire.

I ritrovi principali dei paninari erano fast food e paninoteche, da cui derivava il loro nome. A Milano, il bar “Al panino” e successivamente il Burghy di Piazza San Babila erano punti di riferimento per questa sottocultura. Qui, tra un panino e l’altro, i giovani esibivano i loro capi griffati, parlavano nel loro gergo particolare e ascoltavano musica pop e new wave, come quella dei Duran Duran o dei Pet Shop Boys (che, non a caso, nel 1986 incisero una canzone intitolata proprio “Paninaro”).

In questo contesto di esplosione della moda e della cultura paninara, si inserisce un curioso videogioco per il Commodore 64, pubblicato nel 1986: SQUINZIE, SFITINZIE E PANINARI. Le prime due parole si riferiscono alla cvontroparte femminile dei paninari e, come riporta Wikipedia (senza fonte, però): “La controparte femminile del paninaro si chiama “sfitinzia” o “squinzia“, che secondo i dizionari è definibile come una ragazza smorfiosa, poco intelligente, civettuola, spesso patita della moda, ma secondo l’accezione originale del 1986, scritta da Lina Sotis, la squinzia è «la categoria femminile più diffusa del momento“. Il gioco rimane ancora oggi una pietra miliare della cultura pop di quell’epoca, inserendosi perfettamente all’interno di tutte quelle parodie e celebrazioni dei paninari che si trovavano già nelle televisione, nei fumetti e nelle riviste dell’epoca.

Per quanto riguarda il gameplay vero e proprio, non c’è molto da dire ma in qualche modo riusciva a trasmettere perfettamente la superficialità e l’edonismo del fenomeno: il giocatore era chiamato ad impersonare un giovane paninaro che doveva vivere nella Milano degli anni ’80, andando in giro per la città in cerca di nuovi capi d’abbigliamento da indossare (rigorosamente “alla moda”) o frequentando i posti più “in” della Milano dell’epoca; senza dimenticarsi ovviamente di fare il giro di tutte le discoteche e i fast food della zona. L’obiettivo? Accumulare punti diventando il paninaro più “cool”, ovvero quello con l’abbigliamento più costoso e alla moda. Gli avversari erano altri paninari che tentavano di ostacolare il protagonista, e bisognava evitarli o superarli in stile e atteggiamenti. Il gioco è tuttora giocabile seguendo questo link e vi assicuro che un’esperienza incredibile e assolutamente da provare. Uno degli aspetti più caratteristici del gioco era la presenza di numerosi riferimenti alla cultura di massa dell’epoca. I marchi, i luoghi e persino le battute tipiche del linguaggio paninaro facevano parte integrante dell’esperienza di gioco, offrendo uno spaccato satirico di quella sottocultura. La colonna sonora, inoltre, composta da brani elettronici, ricordavano le sonorità della new wave tanto amata dai paninari, donando un ulteriore tocco di autenticità al gioco.

Il videogioco dei paninari per Commodore 64 è ad oggi praticamente introvabile (persino su ebay, al momento, tutte le sue copie sono state vendute), ma rappresenta un esempio emblematico di come i media dell’epoca (non molto diversi da quelli di oggi) fossero pronti a capitalizzare su ogni fenomeno di moda. Come accade ancora oggi (anche se forse in maniera diversa), i media hanno preso una nuova moda, in questo caso la sottocultura paninara, con la sua enfasi sull’apparenza e il consumo, e trasformata in un qualcosa di quasi caricaturale: un gioco in cui il valore di un personaggio era misurato solo in base ai vestiti che indossava e ai luoghi che frequentava. Ma tutto questo, all’epoca, non ha leso nessuno nel suo orgoglio “paninaro” e il gioco rimane ancora oggi un elogio di un moda scomparsa.

È sinceramente interessante notare come, nonostante l’apparente leggerezza del fenomeno, i paninari rappresentassero un riflesso della società italiana di quegli anni. Con il boom economico, l’attenzione dei giovani si spostava dalle battaglie politiche degli anni ’70 a un mondo più edonistico, fatto di marche, discoteche e fast food. Questo cambiamento di mentalità viene efficacemente catturato nel gioco, dove il giocatore è chiamato a navigare in un mondo in cui l’unico obiettivo è essere “alla moda” e fare sfoggio di status.


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