The First Berserker: Khazan, il soulslike in cel-shading che ha conquistato il mondo | Recensione

C’è un uomo, in catene, abbandonato a morire su una montagna. Un generale tradito, umiliato, gettato via come un cane. Ma quell’uomo (Khazan) non muore. Non proprio. Al suo capezzale arriva un demone. E lì, in quel momento, nasce qualcosa di nuovo: un berserker.

Benvenuti in The First Berserker: Khazan, soulslike sanguigno e muscolare firmato Neople, che affonda le radici in un universo che, a molti in occidente, suonerà nuovo: Dungeon & Fighter. In Asia è una leggenda, qui da noi una nota a piè di pagina. Ma non importa: Khazan non ha bisogno di preamboli. Ha solo bisogno di una lama (o anche due) e di un motivo per combattere.

Che siate fanatici della lore o allergici alla narrativa, Khazan vi mette subito in chiaro come stanno le cose: qui si gioca per sopravvivere. Il mondo che si attraversa è una galleria di incubi tinteggiati in cel-shading, un limbo tra Dark Souls e Bloodborne che (pur senza reinventare nulla) sa comunque affascinare. Anche quando stanca. Sì, perché l’oscurità estetica, per quanto coerente col tono, rischia a tratti di risultare monotona, come una canzone metal suonata in loop. Ma il punto non è vedere: è combattere, e su questo fronte, Khazan non delude. Il ritmo è frenetico, più vicino a Nioh che a Dark Souls, ma con quel gusto per la precisione che solo chi ama davvero i soulslike sa apprezzare. Ogni schivata conta, ogni colpo ha peso, e la vittoria (quando arriva) è sudata, meritata. Soprattutto contro i boss, vere e proprie fortezze ambulanti, capaci di farvi rimpiangere ogni singolo errore. Ma mai di farvi sentire presi in giro.

Khazan combatte con tre strumenti di distruzione: doppia lama, lancia e spadone a due mani. Ad alcuni di voi potrebbero sembrare poche ma, credetemi, sono tutte estremamente differenziate e soddisfacenti in modo diverso da utilizzare. Ognuna ha un suo stile, un suo ritmo, e impararle richiede tempo e tanto, tanto impegno. Non ci sono magie, né scudi: qui si para, si schiva, si colpisce. Punto. E se pensate che l’esperienza sia troppo difficile per voi, niente paura: c’è una modalità facile in cui i vostri danni sono aumentati e ridotti quelli dei nemici, ma non vi evita di imparare. Anzi, vi insegna, senza umiliarvi.

La storia? C’è, ma non disturba e (soprattutto) non rallenta il gameplay con monologhi infiniti, né costringe a leggere mille pergamene. Il dialogo interiore tra Khazan e il demone che lo abita è una delle poche voci costanti, e il modo in cui si svela (un pezzo alla volta, tra silenzi e sussurri) aggiunge spessore a ciò che sarebbe potuto essere “solo” un gioco d’azione. E anche se la lore ambientale non è ricchissima, chi esplora viene ricompensato. E a volte, basta questo.

The First Berserker: Khazan è un gioco che si prende sul serio. Non perché sia pretenzioso, ma perché sa cosa vuole essere. Un’esperienza ruvida, intensa, a tratti spietata, ma mai sleale. I suoi difetti (come qualche ambientazione sottotono, qualche boss secondario riciclato, una difficoltà iniziale un po’ troppo sbilanciata) sono reali ma non oscurano il vero cuore del gioco, che riesce comunque a sorprendere e appassionare. Non è un titolo pensato per chi vuole rilassarsi dopo il lavoro. È un titolo pensato per chi vuole sentire. Ogni colpo. Ogni errore. Ogni vittoria.

 


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