Frostpunk 2 ci riporta al comando della città di New London, in un mondo devastato dal gelo perenne e da una società sull’orlo del collasso, offrendoci un’esperienza che va oltre la semplice costruzione urbana di titoli come SimCity. Il gioco, esattamente come il suo predecessore, si trasforma in un profondo simulatore di gestione sociale, in cui ogni decisione pesa come una condanna o una speranza per un’intera popolazione. Se nel primo capitolo, però, ci si ritrovava a gestire una città di circa 800 abitanti, in Frostpunk 2 la sfida si moltiplica: si partirà infatti con una metropoli dieci volte più grande e con le relative problematiche di gestione altrettanto amplificate.
La lore di Frostpunk è questa: il mondo è devastato da una bufera perenne e le poche risorse disponibili devono essere spartite attraverso leggi e decisioni spesso repentine e talvolta brutali. La città ha prosperato per 30 anni grazie al carbone, ma ora questa risorsa vitale è in esaurimento, costringendo ad espandere i confini e cercare nuovi materiali, come il petrolio, per tenere accese le fiamme della sopravvivenza.
A differenza del suo predecessore (che ho personalmente amato alla follia), Frostpunk 2 ci fa allontanare dalla microgestione dettagliata delle strade e degli edifici per concentrarci su una visione più ampia: interi distretti che possono ospitare migliaia di persone vengono progettati con un semplice clic. Questo cambiamento, sebbene affascinante da un punto di vista visivo, sacrifica quel legame intimo che si creava nel primo gioco, dove ogni strada e ogni casa avevano un ruolo tangibile nel nostro impero di ghiaccio.
Ma ciò che manca nella gestione urbana viene ampiamente compensato dal focus sulla “gestione sociale e politica“. I cittadini di New London non sono affatto un docile gruppo di “pecore” da ammaestrare ma, al contrario, sono divisi in fazioni, ognuna con i propri interessi e obiettivi specifici. Il nostro compito è cercare di mantenere un equilibrio precario tra le richieste dei vari gruppi che, spesso, sono in conflitto tra loro. Da un lato, abbiamo i Stalwarts, fanatici dell’ordine che propongono soluzioni estreme come il controllo mentale e gli esperimenti umani. Dall’altro, ci sono i Pilgrims, un gruppo antitecnologico che vede l’innovazione come una minaccia esistenziale. Nel mezzo di questo marasma, ci siamo noi che dobbiamo compiere scelte spesso difficili, molte delle quali avranno ripercussioni devastanti su parte della popolazione. Ad esempio, introdurre una legge per l’uso dei cadaveri come organi di ricambio potrebbe sembrare una soluzione un po’ estrema, ma nel contesto del gioco puà davvero essere uno strumento per salvare delle vite. Al contempo, un utilizzo di soluzioni del genere può spingere le fazioni religiose ad insorgere, creando disordini che potrebbero minare la stabilità della città. Ogni legge, ogni provvedimento, diventa una scommessa tra il bene comune e la sopravvivenza individuale.
La difficoltà maggiore non sta solo nel prendere decisioni impopolari, ma nel gestire le fazioni che si oppongono a tali scelte. Spesso ci troveremo a dover negoziare con una fazione per ottenere il loro sostegno, magari promettendo loro concessioni future. Ma, non adempiere a quelle promesse può far precipitare il nostro indice di fiducia, trasformando la popolazione in una folla ostile pronta a destituirci e ci si ritrova così spesso a camminare su una linea sottile tra l’autoritarismo e il caos.
L’introduzione di nuove tecnologie è un aspetto centrale del gioco, ma queste innovazioni possono creare tanto malcontento quanto beneficio. I “robot di pattuglia“, ad esempio, sono una soluzione efficace contro il crimine, ma l’aspetto opprimente di queste macchine giganti che pattugliano le strade può alienare interi gruppi della popolazione e creare enorme malcontento. Ogni progresso tecnologico deve essere valutato non solo per il suo impatto funzionale, ma anche per le conseguenze sociali che potrebbe avere (così come nel mondo reale…). Le tensioni sociali, infatti, non nascono solo dalle condizioni di vita o dal lavoro nelle fabbriche sature di fumi tossici, ma anche dalla visione di un futuro che, per alcuni, dovrebbe essere basato sulla fede e sulla tradizione, mentre per altri è radicato nell’innovazione scientifica. Questa dualità tra progresso e conservazione è al centro del conflitto di Frostpunk 2, e navigare tra queste due forze opposte richiede un’abilità diplomatica non indifferente.
La penuria di risorse obbliga la popolazione a trovare nuove soluzioni, espandendo la città e cercando nel mondo circostante risorse o insediamenti abbandonati da colonizzare. Questa componente aggiunge un ulteriore livello di complessità alla gestione: non si dovrà, quindi, solo mantenere un equilibrio all’interno della città, ma anche gestire colonie più piccole, collegandole tramite strade e rotte commerciali. Queste colonie possono essere un’ancora di salvezza per New London, ma, come ogni cosa in Frostpunk, potrebbero portare alla disfatta comune.
Alla fine, Frostpunk 2 ci costringe a confrontarci con il fallimento. Se le nostre decisioni si riveleranno troppo impopolari, la popolazione si rivolterà contro di noi, esiliandoci nel deserto di ghiaccio per morire soli e disprezzati. Fortunatamente, esiste una modalità sandbox con varie condizioni di vittoria e sfide diverse, permettendo di esplorare nuove strategie e approcci alla costruzione di una civiltà in un mondo in disfatta.
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