Until Dawn, approda su PC il gioco horror che ha rivoluzionato un genere

Nel 2015, accadde qualcosa di davvero magico nel mondo dei videogiochi. Prima dell’uscita di Until Dawn, i tentativi di creare un film interattivo appassionante, un obiettivo inseguito da decenni, avevano quasi sempre fallito, spesso in modo spettacolare. Poi, quasi in sordina, Supermassive Games riuscì finalmente a realizzare ciò che molti consideravano impossibile. Non si trattava di un’impresa rivoluzionaria: bastava un aggiornamento tecnologico e dialoghi scritti meglio rispetto agli FMV degli anni ‘90. Ma il vero colpo di genio fu legare il tutto a un genere cinematografico che si sposava perfettamente con le peculiarità del medium interattivo: il teen slasher.

Oggi, quasi dieci anni dopo, possiamo rivivere l’esperienza su PC con una versione rimasterizzata che offre una nuova veste grafica e alcuni piccoli arricchimenti narrativi.

La storia di Until Dawn

Otto amici del liceo si ritrovano in un remoto rifugio montano, un anno dopo una tragedia che ha segnato le loro vite, in particolare quella di Josh, figlio del famoso regista horror Bob Washington. Il motivo del loro incontro è apparentemente nobile: cercare di sanare vecchie ferite e rafforzare legami ormai logori. Ma antichi (ma neanche tanto) risentimenti non tarderanno a riemergere, mentre nuove tensioni si fanno strada nelle dinamiche di gruppo, complicando ulteriormente una situazione già difficile.

L’ambiente stesso sembra ostile: una fitta nevicata limita la visibilità, il terreno è disseminato di trappole naturali e la stessa porta d’ingresso della casa è bloccata dal ghiaccio. Intorno a loro, la fauna locale si fa più inquieta, come se percepisse il pericolo imminente. E questo è solo l’inizio, prima che le vere minacce (sia sovrannaturali che di natura più terrena) si rivelino in tutta la loro portata. Il giocatore, prendendo il controllo di diversi personaggi in varie scene, deve cercare di mantenerli vivi il più a lungo possibile.

Un successo inaspettato

Il trionfo di Until Dawn risiede in due scelte di design fondamentali. La prima è l’uso di una struttura multi-protagonista, resa ancora più efficace dall’assenza di un’opzione di salvataggio manuale: ogni azione, anche la più semplice, assume un peso definitivo. I personaggi possono morire in qualsiasi momento, in modo permanente e irrevocabile.

Questo elemento si sposa perfettamente con le convenzioni del genere teen-slasher, in cui la continua perdita di personaggi è una parte accettata (e in qualche modo attesa) della narrazione. Al contrario di giochi come quelli di Quantic Dream, dove la morte di un personaggio viene vissuta come un fallimento, in Until Dawn essa appare quasi inevitabile, e talvolta addirittura desiderabile. Nonostante le loro continue liti e i piccoli drammi personali, i protagonisti di Until Dawn riescono a risultare abbastanza simpatici da far desiderare al giocatore di salvarne la maggior parte. Per riuscirci, è cruciale prendere le decisioni giuste nei momenti chiave, basandosi sulle informazioni raccolte nell’ambiente e sul buon senso. Anche le sequenze QTE (quick time event) giocano un ruolo fondamentale durante inseguimenti e scontri violenti, mettendo alla prova i riflessi del giocatore.

Rispetto ad altri titoli di Supermassive Games, come The Quarry o The Dark Pictures Anthology, Until Dawn trova un equilibrio più raffinato tra decisioni narrative e sequenze QTE. Le scelte apparentemente arbitrarie (come decidere se nascondersi o continuare a fuggire) spesso possono essere anticipate esplorando l’ambiente circostante e interpretando correttamente i presagi offerti dai totem nascosti. Anche quando una decisione porta alla morte di un personaggio, la sensazione non è mai di ingiustizia: gli indizi c’erano, ma non sono stati colti in tempo.

La magia della scrittura

Per far sì che le situazioni di pericolo abbiano davvero un impatto emotivo, il gioco deve prima riuscire a far affezionare il giocatore ai suoi personaggi, e Until Dawn riesce perfettamente in questo intento. La scrittura brillante di Graham Reznick e Larry Fessenden trasforma quello che inizialmente sembra un gruppo di stereotipi adolescenziali (il belloccio, la nerd, la reginetta del liceo) in personaggi più complessi e sfaccettati. Man mano che il gioco prosegue, le loro interazioni e relazioni si evolvono, offrendo un’esperienza ricca non solo di spaventi, ma anche di soddisfazione narrativa.

Per chi ha già giocato alla versione originale su PS4, la versione rimasterizzata di Until Dawn su PC potrebbe non offrire abbastanza novità da giustificarne l’acquisto: la grafica è stata migliorata, ci sono alcune scene aggiuntive e una nuova colonna sonora, ma questi cambiamenti non alterano sostanzialmente l’esperienza. Inoltre, persistono alcuni problemi tecnici minori (come sottotitoli fuori sincrono e modelli di personaggi che scompaiono) presenti già nella prima versione che possono rovinare l’immersione.

Nonostante ciò, la formula del film interattivo rimane così ben implementata e l’amore per il genere horror così evidente, che questi difetti tendono a passare in secondo piano. Until Dawn è quello che tutti gli appassionati horror (come il sottoscritto) potrebbero desiderare come primo gioco del genere e comunque riesce ad offrire ancora oggi un’esperienza di circa otto ore di puro terrore, con cannibali mutanti, stalker assassini e (l’orrore peggiore di tutti) il tradimento dei tuoi amici più cari.


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