Deathbound: un soulslike ambizioso, tra imperfezioni tecniche e ottime idee di gameplay

Il nuovo titolo del team brasiliano Trialforge Studio, “Deathbound“, solleva una domanda che molti giocatori si pongono oggi: quanto siamo disposti a tollerare le imperfezioni tecniche in un gioco se il suo design è davvero eccellente? Deathbound è un soulslike che trae evidente ispirazione da Dark Souls 2, suscitando immediatamente reazioni contrastanti. Tuttavia, il gioco tenta di distinguersi introducendo una meccanica unica: la possibilità di controllare sette personaggi in uno.

La premessa di Deathbound è intrigante. A causa di un incidente magico spiegato in modo non del tutto chiaro, un crociato al servizio della dea della morte si ritrova con il compito di assorbire sei altri individui, ciascuno con il proprio background e abilità, provenienti dai due schieramenti di una guerra in corso. Questo si traduce in una meccanica di gioco che permette al giocatore di trasformarsi in uno qualsiasi dei sette personaggi durante il combattimento, persino a metà di una schivata. Ciò consente una vasta gamma di stili di gioco, passando ad esempio dal crociato con spada e scudo all’assassina con pugnale e balestra, fino al mago della corruzione con potenti incantesimi a distanza.

Ogni personaggio ha una propria barra della salute e un indicatore di vigore, che si consumano indipendentemente. Questo aggiunge una profondità strategica al gioco: se un personaggio è in difficoltà, basta passare a un altro per continuare a combattere, mantenendo l’azione frenetica e senza tempi morti. Inoltre, attaccare con un personaggio a piena vita permette di ricaricare la salute degli altri, ma attenzione: la morte di un solo personaggio costringe a ricominciare dall’ultimo falò, indipendentemente dalla condizione degli altri.

Deathbound offre un mondo ricco e vario, con ambientazioni che spaziano da strette fogne a spazi più aperti, per poi tornare a corridoi bui e pieni di nemici. Ogni livello introduce nuovi avversari e termina con un boss che metterà alla prova la pazienza dei giocatori. La progressione del gioco è suddivisa tra un albero delle abilità condiviso da tutti i personaggi e potenziamenti passivi specifici di ciascuno, ottenibili tramite collezionabili legati ai ricordi, che giocano un ruolo importante nella narrazione. Una caratteristica interessante è la possibilità di scegliere quali personaggi portare con sé. Man mano che la squadra cresce, sarà necessario decidere chi lasciare fuori, considerando che non avere un personaggio attivo significa non poter rivivere i suoi ricordi e perdere i relativi bonus. Inoltre, avere in squadra solo membri di una fazione garantisce benefici specifici, mentre combinare personaggi di fazioni opposte comporta malus ma può offrire potenti aumenti del danno.

La storia di *Deathbound* si svolge in un mondo apocalittico segnato da fanatismo religioso, esperimenti con forze sovrannaturali e rivalità alimentate da atrocità senza fine. Tuttavia, il gioco non spiega chiaramente come si sia arrivati a questo punto, lasciando alcuni aspetti della trama nel vago. Inizialmente, la visione di crociati, spadaccini e mostri che si scontrano tra le rovine di uno stadio può sembrare dissonante per chi è abituato alle ambientazioni gotiche o medievali tipiche del genere. Col passare del tempo, però, l’ambientazione e la caratterizzazione dei personaggi aiutano a costruire un’identità forte e distintiva per il gioco.

Nonostante le ottime idee di gameplay, Deathbound soffre di alcune imperfezioni tecniche che possono trasformare la sfida in frustrazione. Uno dei problemi principali riguarda le hitbox di alcune unità e dei boss, che possono risultare imprecise, facendo sembrare inutili alcune schivate. Inoltre, la scelta di rendere attive le collisioni per qualsiasi oggetto sullo schermo porta a situazioni in cui le mappe strette diventano ingiocabili per alcuni personaggi, come il crociato, la cui spada finisce spesso per colpire i muri anziché i nemici. Un altro aspetto problematico è l’incapacità del gioco di sovrascrivere un input con uno successivo, il che può risultare frustrante in un gioco che richiede trasformazioni rapide tra personaggi durante l’azione. Non è chiaro se questa sia una scelta di design intenzionale o un difetto tecnico, ma le prime ore di gioco richiedono una notevole capacità di adattamento, anche per i veterani dei soulslike.

Deathbound è un titolo certamente ambizioso che cerca di innovare il genere dei soulslike con idee fresche e un sistema di combattimento dinamico e stratificato. Tuttavia, le imperfezioni tecniche potrebbero allontanare alcuni giocatori, specialmente quelli meno inclini a perdonare errori che possono influire negativamente sull’esperienza di gioco. Nonostante ciò, per chi è disposto a sopportare questi difetti, Deathbound offre un’esperienza intensa e ricca di sfide, capace di soddisfare i fan del genere alla ricerca di qualcosa di nuovo.


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