La leggenda di Maksim Cyhalka (Maxim Tsigalko): le sue ultime parole e la morte a soli 37 anni

La triste leggenda di Maxim Tsigalko, probabilmente l’attaccante più forte nella storia di Championship Manager (aka Football Manager).

C’erano una volta i Freddy Adu e gli Hachim Mastour, calciatori che già da giovanissimi venivano considerati dei fenomeni in nuce. Etichette pesanti, per dei ragazzi ben minorenni che – all’impatto col mondo reale – si trovano sopraffatti dalle aspettative.

E così, come dei Macaulay Culkin qualunque, si ritrovano ad avere il miglior futuro alle spalle: il “Nuovo Pelè” (!) Freddy Adu si è ritirato a 32 anni, dopo aver deluso tutte le attese in tutte le piazze dove s’è trovato a giocare tra il 2004 e il 2021; Hachim Masotur – che è classe ’98 e quindi non è poi così anziano – gioca nel campionato marocchino dopo aver giocato in Italia per lo più in serie C (e nemmeno troppo).

Il personaggio di cui andremo a parlare, ha fatto decisamente meglio di Freddy ed Hachim, e come Freddy è legato ad un videogioco calcistico: se Adu è apparso sulla copertina di Fifa 06 (versione nordamericana, assieme a Ronaldinho e Omar Bravo), il nostro è stato una leggenda di Football Manager (della edizione 2001/02 del gioco, per la precisione – quando ancora si chiamava Championship Manager).

È il maggio del 1983 a Minsk. La Perestrojka ha ancora da venire in terra sovietica ma nella capitale di quella che sarà la Bielorussia nascono due gemelli nella famiglia Cyhalka, Jurij e Maxim. I due si appassionano al gioco del pallone ed entrano nelle giovanili della squadra più forte della città, la Dinamo Minsk: Jurij fa il portiere, Maksim l’attaccante.

Ed è Maksim – anche noto come Maxim Tsigalko – è destinato nella stagione 2001/02 di Championship Manager a diventare una leggenda, se è vero che in un sondaggio del 2019 viene eletto tra i giocatori più forti di tutti i tempi della saga (acquistabile per altro per una cifra risibile: nemmeno un milione di euro, sebbene ai tempi non avevamo gli euro).

Arriva a segnare oltre 2000 gol, nel videogioco, e su Twitter nasce addirittura un hashtag #Tsigalko1000 per coloro i quali riescono a far segnare al bielorusso più di 1000 reti nel gioco (altro che Pelè).

Nella vita reale Tsigalko aveva segnato 17 gol in 26 apparizioni nella seconda squadra della Dinamo Minsk nella stagione 2000/01 (a nemmeno 18 anni): abbastanza per gli osservatori di CM (ai tempi, ricordiamo, non esiste nessun mezzo per un double check) per prospettargli un grande futuro.

Il futuro, in realtà, non riserva nulla di buono al nostro Maxim: un grave infortunio al ginocchio gli compromette la carriera, quando sembra al punto di svoltare (potete leggere di seguito le sue stesse parole).

Nonostante la sfortuna, può vantare una rete con la casacca della sua nazionale in due apparizioni (entrambe contro l’Uzbekistan) e la partecipazione con l’Under 21 agli Europei del 2004 (gli ultimi vinti dall’Italia).

Le tristi parole di Maxim Tsigalko

Ma veniamo alle parole dello stesso Tsigalko, in una rara intervista rilasciata a dei giornalisti greci nel 2018:

“Per la prima volta ho saputo quanto fossi bravo in un gioco per computer dal giornalista russo Georgy Cherdantsev, che era un grande fan della serie di Football Manager. Sono rimasto scioccato da quello che ho sentito! Ha detto che ero il giocatore di football più popolare in questo gioco e sentendo questo, ricordo di aver scosso la testa incredulo. Prima non sapevo nemmeno dell’esistenza di un gioco per computer del genere, e quindi non riuscivo a capire nulla”.

Quindi, l’infortunio quando sembrava pronto al salto in Europa:

“La popolarità doveva essere usata correttamente. Purtroppo non ho saputo come farlo. Sai, una volta sono andato in Portogallo per un provino per il Maritimo. Le avevo quasi superate le audizioni e il contratto era già pronto, ma a un certo punto durante gli ultimi allenamenti prima di firmare i documenti, ho avuto un infortunio molto grave: mi è stata diagnosticata la rottura del legamento crociato del ginocchio e sono dovuto tornare a Minsk. Ero un buon calciatore e avevo un certo talento. Tutti in Bielorussia sapevano quanto fossi bravo in gioventù. Probabilmente avrei potuto giocare fino a quarant’anni e persino diventare il capocannoniere del campionato, come in un gioco per computer”.

E da lì, non è più riuscito a riprendersi:

“Ma gli infortuni mi hanno sciolto. Il dolore era insopportabile, e poi all’età di 26 anni sono stato costretto a terminare la mia carriera. Ho guadagnato bene nel calcio, ma dopo non ho potuto contare su qualcosa di simile. Sono dovuto andare a lavorare nell’edilizia per guadagnarmi da vivere e per vivere per me, mia moglie e le nostre due figlie. All’inizio ricevevo 5 dollari al giorno, poi 20. Ma questo non bastava, dovevo lavorare molto per provvedere ai miei cari. Con questo ho completamente compromesso la mia salute. La mia schiena e le mie gambe non sono adatte per un duro lavoro fisico.”

E, come capita purtroppo a molti, il mondo del calcio lo ha completamente dimenticato:

“Quando ho lasciato il calcio, nessuno mi ha più chiamato. Si sono dimenticati di me molto rapidamente. Volevo tornare nel mondo del calcio, ho cercato opzioni, ma nessuno voleva aiutarmi. Nessuno voleva nemmeno incontrarmi per parlare di prospettive di lavoro da allenatore o di formazione di giovani calciatori. Non riesco a capire perché questo sia successo. Non sono mai stato scortese con nessuno, non ho mai fatto niente di male, ora non sono più necessario né alle persone intorno a me né allo Stato. Sono rimasto senza lavoro e non so come sopravvivere”.

Com’è morto Maxim Tsigalko?

Parole che spezzano il cuore, come spezza il cuore il finale di questa storia.

È il 25 dicembre del 2020. Nel giorno di Natale (sebbene non per gli ortodossi, maggioranza in terra sovietica) Maxim ci lascia, ad appena 37 anni.

Sulle cause della sua morte, non ci sono informazioni certe: c’è chi parla di problemi con l’alcol (facile da dire, puntando sullo stereotipo) e da qualche parte si legge semplicemente di condizioni di salute deteriorate. Per certo se n’è andata una leggenda, ricordata pure dalla Dinamo Minsk.


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