Una vita qualunque. Poi succede qualcosa. Una voce alla radio. Una porta che sbatte. Un’occasione. È proprio da qui che parte Deliver at all Costs, un titolo che porta con sé una ventata di aria fresca in questo marasma di cose tutte uguali. Una vera e propria miscela esplosiva di anarchia arcade, narrazione noir e quel pizzico di nostalgia che non fa mai male.
Tra ruote fumanti e sigarette spente
L’impatto iniziale è piuttosto spiazzante, grazie ad una Saint Monique davvero stupefacente con i suoi neon sbiaditi e le Cadillac parcheggiate a casaccio, che ci accoglie come solo l’America degli anni ’50 sa fare: tra rock’n’roll e paranoie atomiche, tra le gite al diner e i primi sussurri sulla guerra che si rivolge ad Est. È in questo equilibrio instabile che conosciamo Winston Green, protagonista affascinante quanto tormentato, che sembra uscito da un racconto di Bukowski riscritto da un Tarantino in vena retrò. Disoccupato, sbandato, brillante e in fuga da sé stesso, Winston trova salvezza (o forse solo tregua) dietro al volante di un furgone della compagnia We Deliver, specializzata in consegne impossibili. Slogan aziendale? “Qualsiasi cosa, a qualsiasi costo.” E non è solo marketing.
Deliver at all Costs è un ibrido selvaggio, intriso di suggestioni che sembra impossibile far convivere, eppure funziona. Visuale isometrica, missioni veramente assurde e fuori di testa, sezioni di guida che passano dal frenetico al grottesco, e un sistema fisico volutamente esagerato che regala momenti di puro divertimento arcade. A tratti sembra di giocare un GTA in acido, a tratti si respira l’atmosfera da sala giochi anni ’90, con richiami evidenti a Crazy Taxi e Radikal Bikers. Ogni consegna è un piccolo cortometraggio di caos organizzato con fuochi d’artificio instabili e angurie che rimbalzano come proiettili da una parte all’altra. E poi c’è la città: destrutturabile, reattiva, viva. È raro vedere un sistema di distruzione così ben integrato con il gameplay senza diventare ridondante, qui, invece, diventa una sorta di coreografia del disastro.
Storia e follia: un matrimonio riuscito
La vera sorpresa, però, è una narrativa di tutto rispetto. Sì, perché dietro gli inseguimenti a base di pneumatici che volano e NPC che si aggrappano disperati al cofano, c’è una trama che osa al di là di quello che ci si aspetterebbe da un titolo del genere. Non per forza profonda, ma onestamente ben curata. Dialoghi taglienti, comprimari ben scritti, e una malinconia latente che filtra tra una risata e una sirena in lontananza, grazie anche e soprattutto a Winston che non è assolutamente un avatar vuoto, ma un personaggio nel vero senso della parola. E il mondo attorno a lui reagisce, anche se non sempre come ci aspetteremmo. Ci sono sprazzi di cinema noir, riflessioni sul fallimento e malinconia espressa in ricordi ridondanti. La scrittura dei ragazzi di Far Out Games non pretende di insegnarci nulla, ma ci accompagna tra i vicoli di una città in cui ogni svolta può essere quella decisiva. E lo fa con mestiere.
Non tutto gira liscio (nemmeno le ruote)
Ovviamente non tutto è perfetto. Il sistema di difficoltà è un po’ altalenante, potremmo dire: a volte troppo indulgente, a volte inutilmente punitivo. Le sezioni platform hanno delle parti buone e altre decisamente meno buone. E l’esplorazione a piedi, pur lodevole come idea, si perde presto nel nulla perché il cuore del gioco risiede nel sistema di guida. Anche l’interazione con la cittadinanza sa un po’ di occasione mancata, infatti non aspettatevi poliziotti alle calcagna o reazioni credibili alle vostre scorribande. Ma, in fondo, questo non è un simulatore di vita urbana, e nemmeno GTA.
Tecnicamente parlando, l’uso del motore Unity non fa gridare al miracolo, ma si difende con dignità. I 60 fps stabili sono una benedizione per un titolo tanto movimentato, mentre gli effetti particellari e le esplosioni in stile cartone animato danno vita a un’estetica riconoscibile, quasi da modellino animato. La colonna sonora è davvero piacevole, in cui si alternano pezzi jazz, chitarre rock e silenzi carichi di tensione. Il doppiaggio inglese, poi, è una vera chicca: credibile e mai sopra le righe. Deliver at all Costs è un gran bel gioco, ma soprattutto è un segnale che Konami sia intenzionata a portare ancora buoni giochi senza dover andare a ripescare per forza tra le sue IP del passato.
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