Coronavirus, il settore esports ha retto l’urto. Ma ora serve tornare ai campionati dal vivo

La pandemia di coronavirus ha inevitabilmente imposto uno stop anche alle forme popolari di intrattenimento. Gli sport sono stati interrotti e i campionati sono stati sospesi o interrotti in anticipo, portando a scelte che hanno fatto anche discutere.
Una delle aree che avrebbe dovuto soffrire meno della pandemia era l’industria degli esports. Di certo il settore ha retto meglio rispetto ad altri, ma l’assenza di eventi e competizioni “dal vivo” ha rappresentato comunque un problema non da poco.
La maggior parte delle partite di esports si gioca online durante tutto l’anno, con campionati locali e regionali che si svolgono su Internet. I tornei più prestigiosi si svolgono in luoghi fisici: i fan di League of Legends e Dota 2 erano soliti guardare le migliori squadre nordamericane, europee e asiatiche competere in luoghi dedicati agli esports, così come gli appassionati di CS: GO e Call of Duty.
Il disagio causato dalla crisi sanitaria si è fatto sentire a tutti i livelli, con i tornei inizialmente sospesi prima di passare esclusivamente alla modalità online. La preoccupazione principale per l’industria degli esports riguarda proprio il destino dei tornei principali. La modalità online ha permesso di reggere l’urto, ma a lungo andare è necessario riprendere i tornei “dal vivo”, che negli ultimissimi anni hanno consentito al settore esports di crescere esponenzialmente.
Senza questi eventi la crescita è inevitabilmente rallentata. I tornei di quest’anno sono stati “accorciati”, alcune competizioni chiave, come il Mid-Season Invitational, sono state cancellate, mentre Dota 2 The International è stato rinviato. Il lato positivo è che i fan, dopo tutte queste problematiche, non vedono l’ora di tornare a godersi gli eventi esports dal vivo, ed è per questo che gli esperti immaginano numeri altissimi non appena si potrà tornare alla (semi)normalità.